IL TRAUMA: FERITA FISICA E PSICHICA
Quando veniamo esposti ad eventi traumatici, il trauma lascia in noi una ferita fisica e psichica. L’esperienza può rimane intrappolata nella mente, nel cervello e nel corpo.
- Cosa intendiamo per trauma
- Come reagiamo ad un trauma
- Come funziona il corpo e il cervello durante un trauma
- Le conseguenze del trauma
- Come si può trattare il trauma
Cosa intendiamo per trauma
La parola trauma deriva dal greco ferita.
In medicina si parla di trauma fisico quando vi è una lesione, alle ossa o ai tessuti molli, prodotta nell’organismo da un evento esterno, come incidenti d’auto, cadute e infortuni sul lavoro.
In psicologia il trauma psichico è definito come la conseguenza di un evento fortemente negativo e percepito come minaccioso per la vita, che genera una “frattura emotiva” nell’individuo che lo vive.
Ciò che determina un trauma è la carica emotiva legata all’esperienza vissuta.
Quando accadono eventi tristi, dolorosi e negativi, sperimentiamo una reazione emotiva che può essere di paura intensa, di vulnerabilità e di perdita.
Una perdita che può riferirsi alla propria identità o alla stabilità fisica e psichica, come nei casi di malattia, violenza fisica e psicologica, lutti e separazioni.
L’emozione si esprime nel corpo e nella mente: pensiamo alla comunicazione di una diagnosi medica nefasta o ad un incidente stradale. In entrambi i casi entrano subito in gioco gli aspetti psicologici, di come la persona reagisce all’esperienza: possiamo sentire un tonfo al cuore, un nodo alla gola, un senso di confusione in testa o addirittura bloccarci, come paralizzati.
Possiamo iniziare a pensare: “Sono in pericolo” ,“Non ho scampo”, “Nessuno mi può aiutare”.
Pertanto, il trauma non può essere distinto tra trauma fisico e psichico perché in qualsiasi esperienza traumatica entrano in gioco reazioni sia fisiche che mentali.
Spesso il trauma genera un cambiamento nella vita dell’individuo e, per farvi fronte, a volte è necessario adattarsi, per cui abbiamo bisogno di una quantità di energia sia fisica che mentale.
È lo stesso corpo che ci invia questa richiesta attraverso sintomi somatici: sentiamo una forma di tensione a livello fisico (mal di testa, mal di schiena, irrigidimento nel collo e nelle spalle ecc.) e a livello psicologico (irrequietezza, rabbia, nervosismo, pianto, ansia ecc.).
A volte le risorse, che tutti noi abbiamo per affrontare le avversità della vita, possono bloccarsi e per far rifluire quell’energia necessaria potremmo aver bisogno di un aiuto psicologico per elaborare il trauma, attraverso dei trattamenti ben specifici (E.M.D.R., Ipnosi).
Intervenire subito significa riattivare le capacità della persona che le permettano, al meglio, di prendersi cura di sé, come ad esempio avere una maggiore compliance nelle cure mediche, o rafforzare il sistema immunitario per velocizzare il processo di guarigione.
Nel procrastinare gli interventi, c’è il rischio di cronicizzare il problema e la possibilità di sviluppare vere e proprie patologie psichiche (disturbi depressivi, attacchi di panico, disturbo post-traumatico da stress) e somatiche (dolore muscolo-scheletrico, ipertensione e patologie cardiovascolari).
Mente e corpo funzionano in sinergia, se la mente sta bene anche il corpo sta bene e viceversa, da sempre il detto Mens sana in corpore sano.
Come reagiamo ad un trauma
Il nostro organismo è predisposto all’auto-guarigione così, come la pelle si rimargina da sé dopo una lacerazione, anche la mente tende a ritrovare un equilibrio dopo una ferita emotiva, ma a volte non funziona sempre così.
Le persone, anche se esposte agli stessi eventi traumatici – come ad infortuni o malattie – non reagiranno tutte allo stesso modo perché, aldilà del tipo di esperienza, entra in gioco la percezione e il significato che l’individuo attribuisce all’evento subito, in base alla propria storia personale e alla eventuale perdita che potrebbe sopportare.
Una medesima esperienza, potrà limitarsi a generare un forte stress in alcuni mentre, in altri, potrebbe dar vita a vere e proprie patologie psichiche o fisiche, ciò dipenderà dalle capacità della persona di affrontare le difficoltà e trovare un nuovo adattamento.
Queste capacità e risorse, che definiamo “resilienza”, sono messe a rischio se il soggetto ha già sofferto – prima dell’evento traumatico – di disturbi psicopatologici di tipo depressivo, ansiogeno o ha sperimentato, già in passato, eventi traumatici, mai risolti ossia rimasti “congelati” come al momento dell’accaduto.
In questo ultimo caso è come se il trauma attuale andasse a risvegliare i vecchi traumi del passato mai portati alla coscienza, rimasti bloccati nella memoria somatica – nel nostro corpo – in maniera frammentata sotto forma di emozioni, suoni, immagini, pensieri e sensazioni fisiche che si “risvegliano” e si vanno a “sommare” a quelli attuali.
Ciò che è accaduto in passato emerge attraverso il corpo: si riprovano le stesse sensazioni fisiche ed emotive provate al momento del trauma originale.
Come funziona il corpo e il cervello durante un trauma
Di fronte ad un pericolo, il nostro cervello si attiva in modo automatico perché la sua funzione è quella di garantirci la sopravvivenza.
Quando percepiamo una minaccia, le informazioni che provengono dai nostri sensi, mobilitano i circuiti cerebrali e si attiva la risposta fisiologica automatica che innesca il rilascio di potenti ormoni dello stress (cortisolo e adrenalina) i quali, aumentano la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria per prepararci all’azione di attaccare o fuggire.
Nel caso che non ci sia via di scampo, il sistema reagisce attivando l’emergenza di base che riduce drasticamente il metabolismo in tutto il corpo: il freezing, che appare come una immobilizzazione paragonabile ad un “congelamento”, un blocco.
La consapevolezza si spegne ed entriamo come in uno stato di trance, uno stato ipnoide.
Nei casi estremi arriviamo a distaccarci anche dal nostro corpo e in questa situazione possiamo non sentire più alcun dolore fisico: è il caso dello svenimento o distacco.
Se la risposta di attacco/fuga ci ha permesso di scampare il pericolo, il sistema di allerta rientra e l’evento verrà memorizzato nella nostra storia autobiografica, anche se può aver provocato più o meno effetti stressanti.
Ma se questa risposta fisiologica viene impedita, come nel caso del freezing, l’attivazione fisiologica rimane bloccata nel corpo perché non c’è stata alcuna azione che ha permesso la scarica ormonale e il sistema non è ritornato in equilibrio.
In questo caso, la persona vive in costante allerta e qualsiasi accadimento potrebbe essere scambiato come un segnale di pericolo, per cui tenderà a riattivare le stesse emozioni e sensazioni vissute al momento dell’evento traumatico passato, come se il pericolo fosse ancora presente.
I circuiti cerebrali, immotivatamente allertati, continueranno a secernere gli ormoni dello stress creando una iper-attivazione cronica che porterà, allo sviluppo di problemi fisici (disturbi del sonno, dolori inspiegabili, ipersensibilità e tensioni) e che alla lunga, andranno ad incidere negativamente anche sul sistema immunitario.
Tuttavia, quando l’esperienza traumatica provoca un’emozione troppo intensa e travolgente, questa rimane bloccata nel corpo e si perde la consapevolezza dell’evento e del ricordo.
Le conseguenze del trauma
Essere vittima di traumi porta a conseguenze sia emotive che fisiche.
Nella maggior parte dei casi queste conseguenze si risolvono spontaneamente senza la necessità di un aiuto psicologico, grazie ai meccanismi innati presenti nella mente umana.
Questi meccanismi integrano le informazioni, relative all’evento traumatico, all’interno delle reti mnestiche del cervello in modo costruttivo e adattivo diventando “narrabili”, ossia dando loro un senso.
Quando invece l’esperienza resta frammentata e continua ad intrudere nel presente, con la sensazione di vivere continuamente il trauma, potrebbe generare una serie di sintomi correlati al Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) quali ad esempio:
Le persone, affette da PTSD, cercando di spegnere le loro emozioni non riescono più a riconoscerle, descriverle e regolarle, pertanto non riconoscono le sensazioni somatiche come derivanti dall’attivazione emotiva ma come sintomi di malattia organica (ne sono un esempio gli attacchi di panico interpretati come disturbi cardiaci).
Sarà il corpo quindi che rappresenterà il trauma, se ne farà portatore, senza che la persona ne abbia consapevolezza.
Questa confusione porta a cercare di eliminare il sintomo corporeo facendo ricorso a medicine, a massaggi, allo yoga, o allo sport, non se ne coglie il significato psicologico, come avviene nelle malattie psicosomatiche.
I rimedi adottati, senza un adeguato approfondimento degli aspetti psicologici, possono portare ad un miglioramento temporaneo ma non risolutivo.
Sarà necessario approfondire le determinanti psicologiche per porre definitivamente rimedio anche ai disturbi fisici.
Molte persone si rivolgono a centri Yoga o ad altre discipline olistiche nella speranza di risolvere il proprio problema, ma in presenza di un trauma, questi trattamenti sono solo parzialmente efficaci anzi, in alcuni soggetti, potrebbero causare una nuova ri-traumatizzazione nel momento in cui la persona entra in contatto con le proprie sensazioni corporee senza aver elaborato il trauma iniziale.
Per questo è indicato, oltre che praticare queste tecniche corporee, intraprendere parallelamente anche un percorso psicoterapeutico al fine di rielaborare le memorie traumatiche e poter avere un maggior beneficio.
Video EMDR e PTSD – Center for PTSD – U. S Department of Veterans Affairs
Come si può trattare il trauma
Nel caso di un trauma fisico, a volte, non si comprende perché alcune persone continuano a provare dolore o fastidio, oltre i normali tempi di guarigione e nonostante l’intervento di medici, fisioterapisti, osteopati e professionisti vari, non rispondono ai trattamenti normalmente efficaci.
Come abbiamo visto il ricordo traumatico e le emozioni dolorose legate ad esso, continuano a persistere nella persona: è il corpo che continua a vivere l’evento.
I trattamenti oggi riconosciuti come maggiormente efficaci nel ridurre la sintomatologia post-traumatica, sia dall’Associazione Psichiatrica Americana (APA) che dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono – in ordine ai risultati ottenuti – l‘EMDR (Eye Movement Desensitization Reprocessing) e l’Ipnosi, seguite dalla TF-CBT (Terapia Cognitivo-comportamentale Focalizzata sul Trauma).
L’EMDR favorisce la neuro-plasticità naturale del nostro cervello, attraverso un lavoro psicoterapico che coinvolge e integra l’insieme dei processi cognitivi, emotivi e corporei.
La persona viene aiutata a riattivare la capacità innata e naturale di rielaborazione dell’informazione permettendogli di attenuare la carica emotiva associata all’evento traumatico.
Le sensazioni fisiche e le cognizioni – che hanno caratterizzato l’evento – vengono trasformate e il ricordo viene integrato all’interno della propria narrativa personale.
Quando l’EMDR non funziona si interviene con l’Ipnosi, in particolare sulle parti che non riescono a raggiungere la coscienza e ad integrarsi.
Link: https://emdr.it/index.php/emdr-e-ptsd-center-for-ptsd-u-s-department-of-veterans-affairs/
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