L’ATTACCO DI PANICO
Il disturbo di panico è inserito dall’APA (American Psychiatric Association) tra i disturbi di ansia e non è codificato come un vero e proprio disturbo mentale.
L’ansia è una compagna fedele dell’uomo, una componente ineludibile dell’esperienza umana. È una reazione psicobiologica ad una valutazione di rischio legata all’incolumità sia fisica che psichica.
In base ai livelli di attivazione, di intensità, di durata e frequenza, l’ansia potrebbe essere definita “normale o patologica“. Possiamo considerare un ansia “normale” se pensiamo a quella giusta tensione che si prova, per esempio, nel dover sostenere un esame, che ci permetterà di rimanere concentrati sul compito e ci faciliterà il recupero delle informazioni. Qualora l’intensità, la frequenza e la durata dell’ansia aumentassero e superassero una certa soglia, andranno ad interferire con il compito da svolgere. In questo caso potremmo parlare di un’ansia disturbante che potrebbe evolvere in un’ansia “patologica” fino ad arrivare all’attacco di panico.
L’attacco di panico è caratterizzato dalla comparsa improvvisa di paura o disagio intensi, che raggiungono i massimi livelli in pochi minuti.
Il soggetto presenta sintomi sia di tipo somatico che psicologico: tachicardia, sudorazione, tremore, respiro difficoltoso, giramenti di testa o senso di debolezza, brividi, senso di irrealtà, di stordimento e di estraniamento da se stessi, sensazione di perdere il controllo, paura di impazzire o addirittura di morire.
La frequenza e la gravità dei sintomi variano nel corso del tempo e delle circostanze, possono essere inaspettati o insorgere in situazioni particolari come:
- trovarsi in spazi aperti o chiusi dove è difficile allontanarsi
- provare paura per la propria salute
- guidare in autostrada
- attraversare ponti o gallerie ecc.
Di solito il primo attacco di panico si manifesta inaspettatamente – “a ciel sereno” – per cui la persona si spaventa enormemente per ciò che sente e a volte può ricorrere al pronto soccorso. Spesso l’attacco di panico avviene in periodi di vita stressanti e alcuni eventi possono fungere da fattori precipitanti come il matrimonio, la separazione, un lutto o una malattia nonchè problemi finanziari e lavorativi.
La persona che sperimenta un attacco di panico ha la sensazione di trovarsi in un pericolo imminente, annientante, senza controllo e tutto questo scatena una forte paura di morire.
La paura è l’emozione più “basica” la più automatica e, nelle circostanze in cui si attiva, finisce per prevalere su tutto: emozioni, sensazioni e pensieri.
La paura ha il compito di disporre l’organismo a reagire prontamente per evitare il pericolo, è una sorta di sentinella a guardia dei nostri scopi più importanti tra i quali la nostra sopravvivenza fisica.
Non appena si percepisce o si ipotizza un pericolo tutto l’organismo si attiva a reagire: i muscoli devono essere pronti a scattare quindi il cuore pompa più rapidamente, la respirazione si fa più intensa per inviare più ossigeno ai muscoli e l’attenzione è concentrata sul pericolo da cui difendersi: lottare o fuggire.
Questa reazione fisiologica è la stessa che si prova nell’attacco di panico ma con una differenza fondamentale: nella paura la minaccia è ben definita, immediata e concreta nell’attacco di panico il pericolo non è presente.
Durante l’attacco di panico, la persona non sa dare una spiegazione a ciò che le sta accadendo e questo crea ancora più paura. Di conseguenza questa paura andrà ad alimentare sempre di più la sintomatologia fino a che l’individuo si sentirà privo di qualsiasi controllo e in pericolo di vita .
Mettere in relazione la paura con un evento determinante è più facile che individuare cosa scatena l’attacco di panico perchè in quest’ultimo la paura è interna e per trovarne la causa è necessario svolgere una indagine psicologica.
Se il disturbo di panico non viene curato subito può condizionare la vita della persona. Il soggetto organizzerà la propria esistenza attorno all’idea di poter avere, in qualsiasi momento, un gravissimo malore e la necessità di un immediato soccorso. Tutto ciò comporterà enormi limitazioni.
La persona tenderà a rispondere a quelle situazioni ritenute a “rischio panico“, trovando atteggiamenti di compromesso (ucire solo se accompagnati) e di evitamento (non guiderà più la macchina, non farà più un certo percorso, eviterà di stare in mezzo alla folla o in coda).
Eviterà quindi tutte le situazioni dalle quali potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi o dove non sarebbe possibile un aiuto nel caso di un attacco di panico inaspettato.
L’evitare azioni e luoghi rinforzerà i sintomi fino a renderli sempre più frequenti. Si andranno ad ampliare le situazioni ritenute pericolose con il rischio di isolarsi sempre più e di cadere nella solitudine.
Tutto questo andrà a fortificare l’idea di essere fragili e in balia degli eventi e ciò minaccerà la propria autostima, fino a sviluppare una possibile forma di depressione.
Con il passare del tempo il panico condizionerà il modo di affrontare la vita, ossia “l’evitare di vivere appieno“.
Le soluzioni per prendere in mano la situazione e ritornare a vivere ci sono: gli psicofarmaci e la psicoterapia.
La psicoterapia, con l’aiuto di determinate tecniche (EMDR, Ipnosi, Terapia cognitivo-comportamentale) porta la persona a riattivare le proprie risorse, a comprendere ciò che è successo, trovando le risposte che sono già presenti nella persona stessa. Tutto ciò permetterà di elaborare l’attacco di panico che ha rappresentato un’esperienza traumatica in sè perchè vissuta come angosciante, imprevedibile e inspiegabile da indurre risposte di paura o di impotenza.
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